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Non avevo mai affrontato prima d'ora queste due opere di Pavese, perché le supponevo - a torto - scontate. Ora, con l'età e l'esperienza, devo dire che solo Cesare Pavese poteva descrivere in modo tale la guerra, la resistenza, il confino. Con la sua straordinaria sensibilità che è come un magma che coinvolge, anche nella tecnica di scrittura, il lettore e fa vibrare nell'intimo le turbe, i disagi, lo sbigottimento difronte la realtà. Allo stesso tempo sono presenti, con un reticolo di profonda nostalgia, i tratti di una civiltà semplice e contadina (i casolari, la collina, il cane, i contadini). In mezzo a questi eventi Pavese vive la sua inguaribile solitudine. Ma sembra evocare anche cosa possa succedere di irreparabile "prima che il gallo canti".
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